La chiesa è dedicata a Galgano Guidotti, ambizioso cavaliere medievale convertitosi al cristianesimo. Le maestose rovine testimoniano ancora oggi l’imponenza dell’edificio e l’enorme seguito che il culto di Galgano ottenne subito dopo la sua morte.
L’abbazia di San Galgano, uno dei luoghi più suggestivi negli itinerari della spiritualità toscana, passerà a settembre, in nome del federalismo culturale, dallo Stato al Comune di Chiusdino, paese natale del santo cui il complesso è dedicato. La costruzione dell’abbazia cominciò nel 1218 per iniziativa dei monaci cistercensi, che con la loro rete di monasteri rivoluzionarono la spiritualità medioevale sancendo il passaggio dal monachesimo degli eremiti a una religiosità più ancorata alle esigenze anche economiche dei territori. L’abbazia di San Galgano costruita in tempi rapidi prosperò per oltre un secolo, acquisendo un ruolo di rilievo nella ricca economia della zona e nelle stesse istituzioni della città di Siena.
In estate c’è un festival di musica classica e opera molto suggestivo https://www.facebook.com/pages/category/Concert-Tour/San-Galgano-Festival-398785943595231/
Il lento declino cominciò nel 1348, quando gli attivi monaci cistercensi vennero falcidiati dalla peste nera. Persa l’autonomia dopo un lungo contenzioso con Siena, nel 1576 pare che nell’abbazia di San Galgano abitasse un solo monaco. Dopo un incerto tentativo di restauro, le piombature del tetto furono vendute, gli infissi e gli arredi saccheggiati. E oggi quel che resta dell’intero complesso monastico sono delle maestose mura con le navate e alcune sale, tra cui quella splendida del refettorio.
Il nostro itinerario prosegue verso Montesiepi, dove potremo ammirare gli
affreschi di Ambrogio Lorenzetti e la celebre spada nella roccia, piantata nella pietra da Galgano al momento della sua conversione. Il luogo, a distanza di secoli, conserva ancora tutto il suo fascino, in un intreccio di storia e mito che dalle colline senesi arriva fino alla leggenda di Re Artù.
Ne esiste una molto simile anche a Rocamadour, nel Perigord, sul cammino di Compostela, e si dice che potrebbe trattarsi della Durlindana, la mitica spada di Orlando, il paladino di Carlo Magno. Ma la spada di San Galgano ha tutti i numeri per sconfiggere sul piano storico quella di Re Artù, mai vista da nessuno. Tra le due spade — una delle quali è realmente esistente e secondo gli esperti di armi medioevali, oltre che per alcune analisi chimiche, risalirebbe effettivamente al dodicesimo secolo — c’è una differenza concettuale di fondo.
La spada di Galgano venne confitta nella roccia, dopo una vita di dissolutezze, come potente gesto di conversione, mentre il predestinato re Artù estrasse la sua spada dalla roccia per combattere e instaurare un regno di giustizia. Secondo gli atti del processo di beatificazione, che riportano la testimonianza della madre del santo, Dionigia, quando Galgano si recò a Roma in visita da papa Alessandro III, degli invidiosi andarono nell’eremo di Montesiepi (nella foto sopra) e cercarono in tutti i modi di estrarre la spada dalla roccia. Non riuscendovi la spezzarono. Poi, al ritorno del santo, per miracolo, la spada si rinsaldò.
In una cappella trecentesca aggiunta all’originaria Rotonda, oltre ad alcuni affreschi di Ambrogio Lorenzetti, sono visibili in una teca ricoperta da un panno nero gli scheletri di due braccia e mani, una destra e una sinistra, che la leggenda vuole fossero di uno degli invidiosi che tentarono di estrarre dalla roccia la spada di San Galgano. Le analisi chimiche condotte da Luigi Garlaschelli e Maurizio Calì ci dicono che anche quelle ossa potrebbero risalire al XII secolo. Più ci addentriamo nella storia di San Galgano e del suo culto, più la trama diventa affascinante. Non potendo scrivere un libro ma soltanto un articolo, dobbiamo giungere alla conclusione avanzata da alcuni studiosi. Esiste un collegamento tra San Galgano e Re Artù e se esiste, quale è? Intanto il nome, scrive Moiraghi, Galgano, tanto simile a Galvano, uno dei cavalieri della tavola rotonda. E poi i collegamenti, neppure tanto misteriosi tra la Toscana della valle del Merse, dove passava la via Francigena, e la Francia medioevale di Chrétien de Troyes, il grande artefice del ciclo bretone.
A far conoscere in Francia la storia di Galgano sarebbe stato un altro eremita, Guglielmo di Malavalle, che si stabilì in un sito alle spalle di Castiglione della Pescaia, ancora oggi visitabile anche se molto malmesso, nonostante gli sforzi encomiabili di alcuni volontari guidati dal medico Fabrizio Fabiano. Secondo alcune ipotesi Guglielmo di Malavalle potrebbe essere non soltanto di origine francese ma uno dei re di Aquitania ritiratosi dopo una crociata. Quella collegata alla cerchia dell’eremita Guglielmo è soltanto una delle tante ipotesi sul collegamento tra la figura di San Galgano e le storie di Bretagna. Il vero mito della spada nella roccia sarebbe dunque nato in Toscana alla fine del 1100 anche se secondo la leggenda re Artù sarebbe vissuto molti secoli prima…
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